Cos’è il progetto corumbà
Il progetto Corumbà è l’opera sociale Cidade Dom Bosco, ideata e fondata nel 1961 nella cittadina brasiliana di Corumbà, da un missionario salesiano di origini jugoslave, Padre Ernesto Saksida.
La cittadina di 100.00 abitanti circa, si trova nello Stato del Mato Grosso do Sul. Localizzata al confine con la Bolivia, si affaccia sull’immensa pianura alluvionale del Pantanal, ed è circondata da grandi estensioni di pascolo. Lontana dai principali centri abitati è attraversata da un’unica grande strada che porta a ovest.
Sorta sulle rive del fiume Rio Paraguay, Corumbà viene fondata nel 1778 e diventa uno strategico porto fluviale per il trasporto del ferro e del manganese, estratti dalle miniere del circondario. Nel tempo, diminuendo la richiesta del minerale, ha perso la sua rilevanza, avviandosi al degrado in parte dovuto alla distanza dalle maggiori attività produttive del Brasile.
Attualmente l’economia si basa sull’allevamento di bovini, proprietà di latifondisti, e sullo sfruttamento di alcune miniere gestite da multinazionali, che non lasciano proventi alla zona.
La gente del luogo è composta da una mescolanza di razze, indios, meticci, boliviani, portoghesi. Grande parte vive sotto il livello di povertà, perché l’agricoltura e le miniere offrono lavoro di manovalanza mal retribuito.
La miseria materiale e culturale spinge le persone a delinquere; assalti per furto, spaccio di droga e prostituzione fanno parte della quotidianità.
L’unica opportunità di emancipazione per i giovani è rappresentata dalla scuola; la Cidade Dom Bosco accoglie bambini, adolescenti e famiglie per offrire loro questa possibilità.
EDUCAZIONE
Ogni giorno, all’interno della Cidade Dom Bosco, oltre 2.200 studenti frequentano le scuole elementari, medie e liceo. L’istituto è considerato la migliore scuola statale della città, e accoglie il numero più elevato di studenti di tutto il Mato Grosso do Sul.
SCUOLA
Per i ragazzi ci sono aule e ampi spazi-gioco all’aperto, una mensa, un palazzetto sportivo e un teatro da 500 posti. I corsi si articolano in tre turni: alle 7 del mattino la frequentano i ragazzi delle medie, al pomeriggio i bambini delle elementari e alla sera quelli del liceo. La scuola chiude alle 11 di sera.
Gli alunni raggiungono la scuola a piedi, quasi sempre da soli, anche quando sono molto piccoli. Coloro che abitano lontano prendono gratuitamente l’autobus con una tesserina ricevuta dal Comune. Tutti possono fare la merenda durante la ricreazione e pranzare gratuitamente alla mensa, spesso questi sono gli unici pasti sicuri nell’arco della giornata.
Gli insegnanti sono garantiti dal Ministero dell’Istruzione. Il sistema d’insegnamento è un po’ differente dalle altre scuole statali, perché qui viene adottato il “metodo preventivo” introdotto da Don Bosco e ampliato da Padre Ernesto. Il metodo presta molta attenzione ad ogni singolo studente, facendolo contribuire al lavoro educativo. Il giovane esprimendo idee e comunicando difficoltà, riceve non solo formazione scolastica, ma orientamento alla vita.
All’inizio dell’anno gli studenti di elementari, medie e liceo, eleggono un Prefetto, un Vice e tre Consiglieri, che avranno il compito di rappresentarli di fronte agli insegnanti, esponendo mozioni e proposte. Allo stesso tempo saranno di aiuto ai professori vigilando sul comportamento dei coetanei, per evitare casi di bullismo o discriminazione. La Cidade Dom Bosco è un luogo protetto dove studiare e crescere; per la maggior parte di chi lo frequenta, la migliore occasione di vivere la propria infanzia con serenità.
DOPOSCUOLA PCAF
Il Doposcuola PCAF (Progetto Criança e Adolescente Feliz) nasce negli anni ’90 per accogliere bambini e adolescenti che vivono situazioni personali a rischio esclusione sociale e disadattamento. Questi giovani appartengono a famiglie prive di struttura, segnate dalla violenza, dal vizio e dal degrado.
Dal lunedì al venerdì, in un ambiente famigliare, ogni bambino frequenta aule di rinforzo scolastico, laboratori didattici e creativi, alternando svago e attività sportive. Alla sera ognuno rientra a casa. Attraverso queste attività, gli educatori, possono osservare comportamenti e attitudini derivanti dai traumi subiti, offrendo un percorso di sostegno con l’aiuto della psicologa. I parenti responsabili del minore, sono invitati a partecipare a incontri e colloqui, per ricevere suggerimenti su come accompagnare il percorso educativo, che deve proseguire in famiglia.
Dagli inizi ad oggi il numero dei giovani che lo frequentano è molto aumentato, per questo motivo da maggio 2017 è stato inaugurato il nuovo spazio che può accogliere fino a 500 bambini.
Al mattino lo frequentano i piccoli dai 6 ai 12 anni, che dopo il pranzo andranno a scuola. Nel pomeriggio ci sono gli adolescenti, dai 13 ai 18 anni che sono stati a scuola al mattino. Sia i piccoli al mattino, che gli adolescenti al pomeriggio, passano qui metà della giornata, partecipando ai laboratori, ricevendo il pranzo, la merenda e facendo anche la doccia.
Essendo un “progetto intensivo” l’iscrizione al doposcuola PCAF si rinnova di anno in anno a seconda delle necessità; quando si ottengono i risultati sperati, la frequenza non è più necessaria, e si lascia il posto ad altri casi più bisognosi.
Per quelli che invece restano diversi anni nel progetto, questo luogo rappresenta l’unica possibilità di crescere e superare i traumi vissuti. Molti di loro, da adulti, sono diventati volontari ed educatori, consapevoli dell’importanza dell’aiuto ricevuto.
ADOZIONI
Ogni qual volta si presenta un genitore incapace di garantire al proprio figlio una frequenza scolastica assistita, si promuove una “adozione a distanza”, trovando una madrina o un padrino, e avviando un percorso protetto. Con l’adozione a distanza inizia un dialogo, il bambino sa che da lontano qualcuno si preoccupa per lui, e dato che non c’è parentela o contatto diretto, questo aiuto ha maggior valore. Il bambino è stimolato ad impegnarsi maggiormente a scuola, e i genitori sono sollevati dalla pena della loro condizione.
Grazie alle adozioni a distanza si controllano i risultati scolastici per scoprire le difficoltà e porvi rimedio, ma si tiene in considerazione anche la salute e le condizioni materiali nelle quali vive il nucleo famigliare. All’interno degli spazi della Assistenza Sociale per loro si organizzano corsi, laboratori e attività sportive per incoraggiare gusti e passioni.
Le adozioni spesso si concludono con la piena realizzazione del giovane, altre volte si interrompono, perché la famiglia si trasferisce dove ha trovato un impiego sicuro, più raramente, perché non si è raggiunto il risultato sperato; in ogni caso questo sostegno lascerà un seme, che potrà dare comunque dei frutti.
BORSE STUDIO
Negli ultimi anni, sta aumentando il numero di giovani delle classi sociali più povere, che dimostrano attitudine per lo studio e desiderano proseguire gli studi. Per andare incontro a questi ragazzi che non hanno disponibilità economiche, la Missione ha istituito un fondo dedicato alle “Borse Studio”.
A Corumbà esiste un Polo Universitario Federale e il Collegio Salesiano Santa Teresa, entrambi offrono corsi universitari, inoltre ci sono diverse scuole professionali, molto valide ma costose. L’Università Federale offre delle borse studio, ma sono destinate solo a coloro che ottengono votazioni molto alte nella prova di ammissione (ENEM), molti studenti, pur di talento, spesso non riescono a ottenerle.
Da quattro anni è stata avviata una collaborazione con il Collegio Salesiano Santa Teresa, che offre metà della retta; la restante metà viene coperta dal fondo borse studio della Missione. Grazie a questo fondo, nove giovani stanno seguendo un corso universitario formandosi in Diritto, Amministrazione d’Impresa, Infermieristica, Pedagogia. Altri tre giovani stanno seguendo dei corsi professionali in Agronomia, Chimica Minieristica e Organizzazione Eventi.
La selezione dei candidati è molto severa, proprio perché il valore della “borsa studio” è molto alto. Semestralmente viene verificata la frequenza e il rendimento, e se lo studente non è in pari con il piano studi, rischia di perdere questa opportunità.
GIOVANE APPRENDISTA
Il progetto “Giovane Apprendista” è una opportunità per affacciarsi al mondo del lavoro. Nasce più di 15 anni fa, da un accordo tra la Missione e lo Stato del Mato Grosso do Sul, per aiutare quei giovani che stanno terminando gli studi di base, e hanno l’esigenza di trovare presto un impiego. Il progetto viene offerto a 35 giovani e ha la durata di un anno; prevede 4 ore di formazione in aula e 4 ore di stage retribuito per 5 giorni alla settimana, presso aziende o imprese commerciali della città.
La formazione è curata da professori all’interno della Missione, e comprende tematiche sociali e di cultura generale. Ogni candidato si impegna a frequentare le aule e il comportamento sul posto di lavoro è monitorato dalla Missione. Un anno di formazione e stage, è sufficiente per dimostrare volontà e qualità personali; al termine del periodo il datore di lavoro potrà confermare l’assunzione, oppure sarà libero di sciogliere il rapporto. Tantissimi ex-alunni della scuola Dom Bosco oggi hanno una situazione stabile, avendo iniziato a lavorare grazie a questo progetto.
PICCOLO EROE
“Procura Pequeno Herói”, tradotto “ricerca di un piccolo eroe”, è una iniziativa introdotta più di 15 anni fà da Padre Ernesto, per trovare e premiare giovani dai 7 ai 17 anni, che con un loro gesto hanno dato prova di coraggio e altruismo. Spesso è nei più deboli che emergono doti insospettate, proprio per incentivare le buone pratiche bisogna dare loro importanza. All’inizio erano coinvolte tutte le scuole di Corumbà, poi si sono aggiunte le scuole di Ladario, la cittadina confinante, e da questo anno anche le scuole rurali del territorio.
A settembre, nelle scuole elementari e medie, inizia la raccolta dei casi degni di merito, segue una selezione tra cui vengono scelte 20 storie emblematiche, a fine novembre si svolge la premiazione alla presenza di autorità e stampa. I premi in genere sono computer, tablet o buoni-libro, ma possono essere anche strumenti musicali o biciclette. Il risultato più evidente è la risonanza che l’iniziativa ha sull’opinione pubblica, in un contesto cittadino segnato da episodi di violenza e degrado, l’esempio di questi giovani rafforza la ricerca dei valori.
ASSISTENZA FAMIGLIE
Il progetto Corumbà aiuta non solo i bambini attraverso l’educazione, ma anche le loro famiglie, attraverso iniziative specifiche come il “Progetto Salute”, il “Club delle Mamme” e la “Campania della Carità”.
Gli uffici della Assistenza Sociale sono un centro di ascolto, incontro e scambio.
Per le famiglie vengono organizzati incontri con specialisti che trattano temi sull’alimentazione, sulla prevenzione delle malattie o argomenti di natura civica, per loro è a disposizione anche il sostegno di una psicologa. Gruppi di mamme si incontrano qui per lavorare insieme e in vari momenti dell’anno vengono distribuiti aiuti materiali.
PROGETTO SALUTE
Il servizio sanitario nazionale ha scarse risorse e tempi di attesa molto lunghi. Molte famiglie assistite dalla Missione richiedono interventi urgenti; farmaci, visite specialistiche, presidi medici come occhiali, sedie a rotelle o semplicemente latte in polvere e pannoloni. In alcuni casi sono state supportate operazioni chirurgiche o terapie per giovani disabili. Il “Progetto Salute” si occupa di risolvere in tempi brevi, bisogni che non possono attendere.
CLUB DELLE MAMME
Il Club delle Mamme prende avvio all’interno della Missione negli anni ’80, per aiutare tante madri di famiglia a crearsi una rendita. Dopo un lungo periodo di inattività, negli ultimi cinque anni ha ripreso a offrire laboratori e iniziative. Vari gruppi di mamme, quasi ogni giorno, frequentano gli spazi della Assistenza Sociale portandosi alle volte anche i figli piccoli. Tutte insieme, intorno ad un tavolo, imparano a realizzare oggetti di artigianato che poi potranno vendere. Le insegnanti sono mamme loro stesse, molto creative e portate ai lavori manuali, per garantire continuità ai corsi, visto il successo avuto, tre di loro sono state assunte dalla Missione part-time.
I materiali dei laboratori sono forniti tutti dalla Missione; una parte del ricavato dalla vendita servirà ad acquistare i materiali per i corsi successivi, e quello che resta viene diviso tra le mamme. Molte di loro, una volta acquisito la tecnica, avviano una produzione in proprio, creandosi una fonte di reddito. Tutto ciò che viene prodotto è esposto nei locali della Assistenza Sociale, e in occasione di feste o ricorrenze le persone in città sanno che potranno acquistare cose originali, ben fatte e a ottimo prezzo.
Durante le giornate lavoro e chiacchiere si alternano, poi a metà mattina la pausa è l’occasione per condividere un dolce o un salato; anche così nascono amicizie e si crea solidarietà. Oltre ai laboratori di artigianato, vengono organizzati dei corsi di scrittura e calcolo, che potranno essere di aiuto nell’attività personale di ognuna, tra l’altro molte mamme non sanno scrivere o fare di conto. Tra le attività non manca la cura del corpo con la ginnastica dolce, la manicure e il trucco.
CAMPANA DELLA CARITA’
Viene chiamata così dal 1971, quando una camionetta della Cidade Dom Bosco, annunciava il suo passaggio al rintocco di una campana raccogliendo cibo e indumenti. Con il tempo è stato necessario addirittura usare un camion, perché la sensibilità dei cittadini di Corumbà è andata sempre aumentando, coinvolgendo anche Istituzioni Pubbliche, tra cui il Comune, la Polizia Federale e alcuni corpi della Marina e dell’Esercito.
Oggi la raccolta viene fatta con ogni mezzo possibile, auto, furgoni, moto, arrivando nel medesimo tempo in più luoghi della città. La raccolta è pianificata mesi prima, trovando i volontari, formando i gruppi e stabilendo date e percorsi. La Missione all’inizio di dicembre, diventa un immenso magazzino dove si smisteranno indumenti, coperte, suppellettili, giocattoli, ma soprattutto cibo.
Il materiale raccolto servirà per confezionare dei sacchi destinati alle famiglie più bisognose della città. Per essere certi di accontentare tutte le richieste, le famiglie sono invitate a registrarsi comunicando la composizione del nucleo famigliare. Ogni anno la Missione provvede a più di 500 famiglie, rendendo la celebrazione del Natale una vera festa per tutti.
PARROCCHIA
Missione e Parrocchia lavorano all’unisono, rappresentando un’importante punto di riferimento.
La Parrocchia Dom Bosco fa parte della Cidade Dom Bosco pur trovandosi distante due isolati; non è adiacente per il motivo che all’epoca non c’era uno spazio libero abbastanza grande. Davanti alla chiesa c’è un ampio sagrato, al suo fianco i locali della radio pastorale e sul retro uno spazio al coperto per raduni e convivi. Qui si riunisce la comunità di credenti residenti nel bairro Dom Bosco, zona molto ampia che si estende quasi fino al confine con la Bolivia.
Se durante la settimana è la Missione il fulcro delle attività, nei giorni di festa, è nei locali della Parrocchia dove si riversano giovani e famiglie. Ogni messa è accompagnata da musica e canti ad opera dei ragazzi della scuola Dom Bosco, mentre i genitori si prodigano nella organizzazione degli eventi.
UN PO’ DI STORIA
La Cidade Dom Bosco nasce dal sogno di Padre Ernesto Saksida. Già negli anni ’50 Padre Ernesto rappresentava un saldo riferimento per la gioventù povera di Corumbà, ma andava fatto qualcosa di più. All’epoca la gente considerava il suo progetto troppo ambizioso, ma si sarebbe realizzato assumendo proporzioni inaspettate.
LA FONDAZIONE NEL 1961
Quando nel 1949 Padre Ernesto iniziò a lavorare stabilmente a Corumbà come professore e animatore sportivo presso il Collegio Salesiano Santa Teresa, aveva come alunni, i giovani appartenenti alla classe sociale più facoltosa del territorio. Questi giovani, figli di fazenderos, commercianti, funzionari e possidenti, vivevano una quotidianità molto diversa dai loro coetanei dei quartieri periferici, che invece trascorrevano la loro giornata nella strada.
Per i bambini delle baracche non c’era scuola, e nemmeno un luogo protetto dove giocare, spesso nemmeno una famiglia che si occupava di loro. Per sensibilizzare i cittadini benestanti a questo problema, Padre Ernesto inizia coinvolgendo i loro figli, gli ex-alunni del Collegio Santa Teresa; con loro organizza un avamposto nel quartiere più malfamato, quello vicino al confine con la Bolivia, dove il pericolo di aggressione è quotidiano. Qui decide di andare ogni pomeriggio, da solo o con i giovani che lo stanno aiutando, organizzando una sorta di oratorio e facendo visita alle famiglie. Presto si spargerà la voce, e i quartieri che non erano stati visitati chiederanno di lui, nessuno mai si era occupato di loro, anzi, il resto della città li teneva a debita distanza. Tutti volevano conoscere Padre Ernesto, e c’era chi addirittura, voleva trattenerlo a vivere in mezzo a loro. Era evidente il profondo bisogno di ascolto e attenzione di queste persone, ma le sue visite non avrebbero potuto accontentare tutti, presto fu chiaro che serviva un centro di aggregazione, un luogo dove accogliere; una piccola città nella città che li aveva rifiutati.
Accadde un fatto, una popolana, Donna Caterina, raccolse una petizione insieme ad altre mamme per far sorgere una scuola nel quartiere. Per superare il problema di trovare un locale, mise a disposizione due delle tre stanze in cui abitava con il marito e 4 figli. Era tanta la sua pena insieme a quella delle altre madri, di vedere i propri figli senza la possibilità di un futuro, che accettò volentieri di privarsi di qualche comodità per la causa. Il 3 aprile 1961 Padre Ernesto riuscì ad allestire la prima aula con banchi, lavagna e cattedra dismessi dalle altre scuole della città, non c’era né luce e nè un bagno vicino, ma era a tutti gli effetti una scuola. In poco tempo si immatricolarono 70 giovani tra gli 8 e i 15 anni, i due turni giornalieri divennero tre con una aula serale a lume di candela.
Ogni giorno la rudimentale scuola aumentava la destinazione d’uso, divenendo centro di ascolto, rifugio per bisognosi, alloggio per persone senza casa, e durante le lezioni bambini e adulti si mischiavano. Padre Ernesto si adoperava a proiettare film in giro per la città per comprare le divise, la cancelleria e tutto quello che occorreva di volta in volta. Una ventina di volontari, tra insegnanti ed ex-alunni, si alternavano durante la giornata per far funzionare la neoscuola.
Nel frattempo Padre Ernesto non smetteva di sognare…incaricò un ex-allievo divenuto architetto, di progettare una cittadella, con scuole, palestre, teatro, ambulatorio, chiesa e ambienti per l’accoglienza. Il terreno per costruirla non era ancora a disposizione, ma sarebbe arrivato sicuramente da uno dei tanti possidenti che Padre Ernesto stava cercando di coinvolgere.
Intorno al progetto stava creandosi interesse, anche i più scettici ora volevano prenderne parte, chi offriva materiale edile, o faceva donazioni o patrocinava l’iniziativa. Per costruire il primo padiglione servirono diversi mesi di raccolta fondi e a dicembre del 1963, venne inaugurato uno stabile con dieci stanze. Ora la scuola poteva accogliere molti più alunni.
Appena fù possibile organizzare gli spazi e la destinazione d’uso, fù deciso il nome che avrebbe avuto il progetto, si sarebbe chiamato “Cidade Dom Bosco” per diventare un polo di aggregazione per bambini e adulti. In quegli anni Padre Ernesto iniziò a viaggiare per il Brasile cercando fondi, andò spesso come ospite alla televisione nazionale TV GLOBO, portando con sé bambini o persone del popolo che potessero testimoniare la loro condizione. Molti giornalisti vennero a visitare Corumbà per documentare l’avanzamento della costruzione ma soprattutto della cittadella che avrebbe rappresentato un esempio unico in tutto lo Stato.
Dall’arrivo in Brasile a 16 anni, fino al ritorno in patria per riabbracciare la famiglia, per Padre Ernesto passeranno trenta anni. Il suo primo viaggio di ritorno avverrà nel 1965 e sarà l’occasione per parlare del suo progetto. Nei successivi mesi passati in Europa, visiterà l’Yugoslavja, la Spagna e l’Italia, e attraverso provvidenziali conoscenze, riuscirà a creare gruppi di sostegno in varie regioni italiane.
Grazie ad una intervista rilasciata al giornale Gente (vedi), un’importante testata dell’epoca, la storia dei bambini del Pantanal arriverà in tantissime case italiane. Seguirà un altro articolo su Annabella (vedi), dove le foto dei bambini nelle baracche muoveranno l’interesse di molte persone, decise ora a contribuire al progetto Cidade Dom Bosco. Sempre in quegli anni cominceranno le prime “adozioni a distanza” e Padre Ernesto inizierà a intrattenere una fitta corrispondenza con madrine e benefattori descrivendo fatti e accadimenti.
Nel 1965 venne costruito il cine-teatro come locale di ritrovo e sala cinematografica. Le tante attività che stavano prendendo avvio però avevano bisogno di volontari, e grazie al contatto con alcuni sacerdoti italiani, come Don Ugo Censi, nel 1969 arrivarono 61 giovani volontari (provenienti dalla Lombardia e facenti parte della “Operazione Mato Grosso”), per realizzare il progetto della scuola su due piani per 2.000 alunni. L’anno seguente un secondo gruppo terminò altri edifici annessi alla scuola. La scuola ottenne dal Ministero dell’Istruzione, il titolo di Istituto Statale Dom Bosco, da lì a breve sarebbero cominciati i corsi con personale e funzionari retribuiti dal Governo.
Nel 1973 vennero ricavate tre stanze nel primo padiglione costruito, da adibire ed ambulatorio e gabinetto dentistico, Padre Ernesto si recò personalmente nella capitale di allora, Cuiabà, per ottenere dal Ministero della Salute medici e dentisti che prestassero le cure gratuitamente alla popolazione del circondario. Anni dopo, grazie alla donazione di una coppia di anziani, venne trovato un terreno sufficientemente grande per costruire la chiesa e nel 1981 venne inaugurata.
Dopo altri viaggi in Europa e grazie all’interessamento della Spagna, Padre Ernesto otterrà dall’istituzione filantropica, Manos Unidas, una ingente somma per la costruzione di un palazzetto sportivo che verrà inaugurato nel 1982. Nel 1985 nel cortile della scuola, sarà costruito un locale ad uso refettorio.
Nel 1987 venne costruita la scuola professionale, per istituire corsi per falegnami, fabbri, sarti e panettieri. I macchinari per la scuola professionale saranno acquistati a San Paolo grazie alle donazioni della Germania e della Spagna. Infine nel 2001, sempre dalla Spagna, arriverà il denaro necessario per costruire i locali del doposcuola PCAF per 300 alunni.
Da Spagna, Germania e Slovenja più volte sarebbero arrivati gruppi di volontari, che tornando in patria avrebbero continuato a promuovere aiuti per la Cidade Dom Bosco. Dal 1961 ad oggi sono stati anni di grande mobilitazione. Grazie a questo continuo movimento di solidarietà e alle adozioni a distanza, la Cidade Dom Bosco ha potuto prendersi cura di più generazioni di giovani socialmente svantaggiati, per avviarli alla autorealizzazione.
RIVISTA 50°Anniversario Cidade Dom Bosco (vedi)
PADRE ERNESTO SAKSIDA
L’intuizione di Padre Ernesto Saksida fu capire che per migliorare le condizioni di vita delle persone della periferia di Corumbà, non era sufficiente dar loro l’indispensabile giornaliero, bensì bisognava “costruire” l’essere umano. Solo attraverso l’educazione e lo studio, avrebbero appreso il modo per auto sostentarsi.
Padre Ernesto Saksida nasce a Dornberk il 15 ottobre 1919. La piccola cittadina vicina al confine con Gorizia nel Friuli, dopo essere stata parte dell’Impero Austro-Ungarico aveva da poco acquistato la propria indipendenza proclamandosi Regno Serbo-Croato-Sloveno. Ultimo di 11 tra fratelli e sorelle, è figlio di benestanti proprietari terrieri. Trascorre i primi anni di scuola sotto l’Italia, che in quel periodo aveva annesso quei territori imponendo le leggi fasciste. Ernesto ama la musica e impara a suonare il piano seguendo il padre che è anche organista nella parrocchia. Frequenta giornalmente l’oratorio giocando a calcio con vera passione, sarà qui che per la prima volta il Parroco gli proporrà di entrare in seminario. La proposta lo interessava più che la prospettiva di proseguire l’attività del padre.
A Gorizia inizia a frequentare la scuola di preparazione al seminario, ma il suo italiano è stentato e alla fine dell’anno viene respinto. Persa questa occasione non rinuncia all’idea. Durante l’estate farà visita alla sorella sposata che vive ad Ancona, sarà nell’oratorio della parrocchia vicino casa, che per la prima volta conoscerà i salesiani. Il parroco Don Ernesto Carletti lo prenderà in simpatia. La permanenza ad Ancona sarà costellata da altre scoperte, sulle banchine del porto conoscerà marinai provenienti da paesi lontani che lo affascineranno con i loro racconti.
Al ritorno dalla vacanza è sempre più convinto di voler seguire la strada del sacerdozio, vuole diventare come i parroci che ha conosciuto, adesso non rimane che trovare un ordine che lo accetti come aspirante novizio. La prima opportunità concreta arriva da due padri cappuccini in visita nella sua parrocchia a Dornberk, ma lui manca all’appuntamento. Passerà ancora qualche tempo, e grazie all’intercessione di un amico di famiglia, riceverà una lettera dai Salesiani Dom Bosco di Torino che lo ammettevano al seminario di Valdocco.
Durante gli anni di studio presso i salesiani, conosce diversi padri che avevano scelto di andare nelle missioni in terre lontane, i racconti appassionanti avrebbero compensato la paura di andare così lontano. Senza esitazione, il 1° settembre 1935, non ancora sedicenne, salperà con i compagni da Genova sulla nave Neptunia alla volta dell’America del Sud.
Il gruppo destinato in Brasile di cui faceva parte, sarebbe sbarcato a Santos. Il viaggio poi sarebbe continuato via terra fino a Cuiabà, al seminario salesiano. Per dieci anni proseguirà la formazione con gli studi di filosofia e teologia, diventando sacerdote il 3 aprile 1946 a San Paolo all’età di 27 anni. Nei quattro anni che sarebbero seguiti, dopo aver fatto esperienza all’interno di alcune opere salesiane in varie città del Brasile, , verrà destinato a Corumbà nel 1950.
Lì inizierà facendo il professore e animatore sportivo nel Collegio Santa Teresa ai figli dei benestanti del luogo. Lavorare con i giovani lo faceva stare a suo agio, lo spirito curioso e vivace tipico del suo carattere, lo aiuterà ad attirare a sé l’attenzione dei ragazzi, il suo modo di scherzare, raccontare storie, fare domande insolite, conquisterà la simpatia dei suoi alunni.
La gente che più attraeva l’interesse di Padre Ernesto però era quella della periferia, trovava nei bambini di strada un desiderio di spensieratezza che lo commoveva, si riconosceva in ognuno di loro, nel riso sempre pronto allo scherzo o mentre li osservava giocare con l’aquilone o tirare dei calci ad una palla di stoffa. Incomincerà a riunirli in gruppo per non farli vagabondare, dando loro degli incarichi in accordo con alcune attività cittadine, impiegandoli come lustrascarpe o maschere al cinema o come venditori ambulanti di giornali. I piccoli guadagni avrebbero garantito loro i pasti e restava qualcosa anche per la famiglia. Per i più grandicelli troverà il modo di dare lezioni di scrittura nel Collegio Santa Teresa, negli spazi di tempo in cui le aule restavano libere.
Ogni giorno trascorreva sempre più tempo in periferia, il sincero interesse per le persone più umili e la naturalezza nel confondersi nella loro quotidianità fatta di privazioni, gli permetterà di guadagnare la loro fiducia. Per semplificare la pronuncia del suo nome si sarebbe fatto chiamare Padre Ernesto Sassida. Per tante persone diventerà un riferimento, soprattutto per coloro che, vivendo ai margini della legalità, lo avrebbe considerato più un amico che un confessore; la gente che aveva bisogno di lui era quella. La dedizione che Padre Ernesto poneva in tutti i suoi rapporti personali e l’impegno quotidiano di ascolto e incoraggiamento, gli avrebbe consentito di raggiungere il cuore delle persone.
Arrivò un momento in cui, per riuscire a concretizzare il progetto della cittadella per i ragazzi di strada, dovette chiedere ai suoi superiori di venire esonerato dall’insegnamento nel Collegio, permesso che ricevette e che gli consentì anche di trasferirsi a vivere nella periferia. Per seguire i lavori del cantiere doveva essere presente sul luogo, motivo per cui iniziò a vivere alla giornata come le famiglie che stava aiutando. La sua facilità nel sapersi rapportare anche con figure istituzionali lo portò a conoscere e coinvolgere politici e governatori, a cui imponeva, con estremo garbo, di considerare il problema e di impegnarsi a fare qualcosa per risolverlo. Li poneva di fronte alla coscienza in modo che non potevano eluderla.
Dal momento in cui Padre Ernesto scelse di vivere nel periferico e malfamato bairro Jardim, in seguito modificato in bairro Dom Bosco per la presenza della Missione, tutte le sue energie sono state indirizzate alla realizzazione di un sistema educativo che potesse risultare completo e durevole. Nonostante 93 anni e le difficoltà sopraggiunte con l’età, ha continuato a guidare la Missione fino al 13 marzo 2013, giorno della sua morte.
Padre Ernesto ha dedicato 63 anni della sua vita al prossimo, su di lui sono stati scritti diversi libri, e negli anni ha ricevuto diverse onorificenze, tra cui una Laurea in Honoris Causae. A Corumbà gli hanno intitolato una scuola (CAIC), un centro di salute (U.B. de Saude da Familia Padre Ernesto Sassida), un quartiere (bairro Pe.Ernesto Sassida) e nella cittadina di Ladario una scuola infantile (Centro de Educação Infantil Padre Ernesto Sassida).